Shiki KurodaSe non fosse stato per Akira probabilmente Shiki sarebbe rimasto tutto il tempo lì, su quella panchina fredda, a rimurginare e a disperarsi sulla questione. Il punto, però, nonostante la buona volontà del Maiden nel volerlo consolare, non era mangiare o meno la minestrina: ne aveva una voglia matta! Questo lo portò a cadere ancora di più in quel buco nero in cui stava precipitando che sembrava non avere alcuna fine.
Per questo motivo si agganciò stretto al corpo del più grande: le braccine attorno al collo, le gambe attorno al busto. Le piccole dita paffute stringevano gli abiti di lui e il mento, tenero e appuntino, sembrava voler scavare nella sua spalla. Inoltre gli prudevano gli occhi, erano lucidi e sentiva che da un momento all’altro sarebbe scoppiato nuovamente in lacrime. Quanto si odiava... Quanto odiava tutto!
-Non dire cretinate...- borbottò, la voce segnata dal pessimo stato d’animo. Non continuò, infatti, e se ne rimase in silenzio fino a quando il moretto non ebbe la brillante idea di dire qualcosa che non solo lo fece arrossire fino alla punta dei capelli, ma lo scaraventò letteralmente in una specie di stato confusionale che si dipinse chiaro e limpido sui lineamenti del bel visino.
Spostò quindi il capo, lo guardò sconvolto.
-Ma che blateri?! Certo che ti penserei un maiale pervertito! Sono un bambino!-, rispose; la vocina acuta, squillante e forse fin troppo alta. Di nuovo si nascose contro la sua spalla, imbarazzato e al tempo stesso disgustato dalla reazione che stava prendendo il sopravvento. No, non quella a cui aveva già dato sfogo, ma a quella un pochino più in basso, tra le gambine, che neanche si aspettava di poter avere in versione mignon.
Per istinto strinse ulteriormente le ginocchia contro i fianchi del più grande, le mosse appena come se fosse a disagio –e, credetemi, lo era-. Sperava vivamente che l’altro non si accorgesse di nulla ed era così concentrato che le sue parole sul piano di fuga scivolarono via senza nemmeno essere udite.
Ma perché diavolo stava succedendo?! Non poteva essere una bambino normale?! Almeno questo! Invece no! Il suo stupido cervello a tratti adulto aveva pensato, compreso l’espressione “fare l’amore” e l’aveva trasmessa alla sezione dedicata alla memoria, ai ricordi. Così era scattata la molla delle sensazioni e... No, basta! I bambini certe cose non dovrebbero nemmeno saperle!
Ed era tutta colpa di Akira! Tutta colpa sua! Quindi, per ripicca, i dentini affilati del demonietto strinsero in una morsa il lobo dell’orecchio più vicino del servo, conscio di fargli un dispetto.