Kazuma YamashitaAveva paura. Il vampiro aveva paura di stare in quel posto e come dargli torto, povero ragazzo, visto come veniva trattato? Invece di tranquillizzarlo lo agitavano, invece di spiegargli cosa gli facevano lo legavano come un animale e lo sedavano a forza. Ma dove avevano studiato quegli idioti? Sempre se avevano regolarmente frequentato l’università, perché a giudicare dai loro modi sembravano averla comprata la laurea. E a tranquillizzare il paziente in questione spettava a lui, concedendogli quell’abbraccio nel quale era corso a ripararsi non appena fu libero.
-Non preoccuparti. Torniamo a casa presto.- gli ripeteva a bassa voce, coccolandogli la nuca senza, però, avvicinarsi alla zona fasciata. Non lo lasciò andare finché non gli cedettero le gambe e per un momento il giapponese si preoccupò. Ma in fondo era normale. Nanami era sicuramente stanco e aveva bisogno di tranquillità e riposo, cosa che quegli imbecilli dei medici non riuscivano a dargli, o almeno non nel modo giusto. Tutto ciò che erano riusciti a fare, oltre che spaventarlo a morte, era stato sedarlo, e di questo lo storico venne a conoscenza soltanto quando la dottoressa alle sue spalle decise di metterlo al corrente. Probabilmente temeva un’altra serie di domande da parte dell’uomo e cercò di prevenirle informandolo. Peccato che fu il suo peggior errore. Infatti, invece di tranquillizzarlo lo innervosì ulteriormente, portandolo ad assumere quel classico atteggiamento da re dei ghiacci che assumeva quando arrivava al limite in circostanze “normali”.
-E’ questo il sedativo?- le chiese con tono freddo e secco, sfiorando la flebo con le dita. La donna non rispose, fissando, piuttosto preoccupata, la mano dell’uomo che scivolava lungo il tubetto collegato al braccio del vampiro.
-Chi tace acconsente.- pensò, sfilando delicatamente l’ago dalla vena dell’altro. Bloccò la leggera fuoriuscita di sangue con un fazzolettino che estrasse dalla tasca dei pantaloni e le continue obbiezioni della dottoressa non gli impedirono di agire come meglio credeva. Sollevò le coperte, adagiandole sul corpicino di Morgan, gli sfiorò la guancia in una leggera carezza e tornò a rivolgersi alla donna alle sue spalle, perché non si degnò di voltarsi, segno che per lui quella valeva meno di zero.
-Voglio che mi vengano portati immediatamente i documenti per anticipare l’uscita del ragazzo.- La donna lo fissò crucciata, esitando qualche istante prima di rifilargli una delle sue solite risposte
-Impossibile. Lei non è un parente.- Parole che non bastarono a fermare le intenzioni del giapponese, che voltò appena il capo per fulminarla con quel suo sguardo completamente gelato.
-Non ha parenti.- verbò, senza mutare il suo tono glaciale.
-Allora temo dovrete aspettare il mio consenso per l’uscita.- rispose lei, con un tono di sufficienza, segno della sua certezza di vittoria.
-Crede davvero che lo lascerei nelle mani di un branco di incompetenti come voi? Pretendo quei documenti.- Negli occhi della dottoressa si dipinse vero e proprio astio, e le sue parole non mutarono.
-Le ho già detto che non è possibile. Soltanto il paziente, se maggiorenne, oppure chi ne fa le veci possono firmare quelle pratiche.- Il giapponese continuò a guardarla con la coda dell’occhio fino al momento in cui non si voltò completamente. Il suo volto era completamente apatico.
-Sono il suo convivente.--Non è vero!--Osa mettere in dubbio le mie parole?!- Un rapido scambio di battute il loro, che si concluse con l’aumento del tono di voce di Kazuma.
-Ora posso avere quei documenti? O preferisce che mi rivolga a qualche suo superiore elencandogli i motivi della mia scelta?- pronunciò, tornando a regolarizzare la voce su una tonalità piuttosto bassa e minacciosa. Sì, minacciosa. Sembravano vere e proprie minacce le sue… Ma in che guaio si stava cacciando? Probabilmente neanche si rendeva conto di ciò che aveva appena affermato… Un’affermazione assolutamente falsa, poi…